Luce d'estate e Dopo la notte, di Jón Kalman Stefánsson

Il freddo è capace di fermare il tempo in un luogo come l'Islanda, già plasmata dalla sua natura di isola sospesa nel Nord Atlantico, equidistante tra Europa e America. Quello che è stato un incidente geografico unico per raccontare l'ordinario eccezionalmente per il resto del mondo che considera esotico, freddo ma esotico, tutto ciò che può accadere in quel luogo di estati di luce inestinguibile e inverni immersi nell'oscurità.

Altri autori islandesi attuali come Arnaldur Indriðason approfittano della circostanza per prolungare quel noir scandinavo come una corrente letteraria "più vicina". Ma nel caso di Jon Kalman Stefansson le essenze narrative sembrano oscillare in nuove correnti. Perché c'è molta magia nel contrasto tra il freddo e la distanza dal mondo e l'ardore umano che si fa strada attraverso il ghiaccio. Ed è sempre interessante scoprire in modo più approfondito quel realismo trasformato in una presentazione letteraria, un romanzo con sfumature di certezza che avvicina le idiosincrasie di luoghi remoti.

Costruito da brevi pennellate, Luce estiva, e poi notte ritrae in modo peculiare e accattivante una piccola comunità sulla costa islandese lontana dal tumulto del mondo, ma circondata da una natura che impone loro un ritmo e una sensibilità molto particolari. Là, dove sembrerebbe che le giornate si ripetano e un intero inverno possa essere riassunto in una cartolina, la lussuria, i desideri segreti, la gioia e la solitudine legano i giorni e le notti, perché il quotidiano conviva con lo straordinario.

Con umorismo e tenerezza per le debolezze umane, Stefánsson si immerge in una serie di dicotomie che segnano le nostre vite: modernità contro tradizione, mistico contro razionale e destino contro caso.

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