Le parole che affidiamo al vento, di Laura Imai Messina

La morte è snaturata quando non è la giusta uscita dalla scena. Perché lasciare questo mondo cancella ogni traccia di memoria. Ciò che non è mai del tutto naturale è la morte di quella persona amata che era sempre lì, ancor meno in una tragedia completa. Le perdite più impreviste possono portarci a ricerche tanto impossibili quanto necessarie. Perché ciò che sfugge alla ragione, al costume e al cuore ha bisogno anche di una spiegazione o di un significato. E ci sono sempre parole non dette che non rientrano nella multiproprietà che era. Queste sono le parole che affidiamo al vento, se finalmente riusciamo a pronunciarle...

Quando la trentenne Yui perde la madre e la figlia di tre anni in uno tsunami, inizia a misurare il passare del tempo da allora: tutto ruota intorno all'11 marzo 2011, quando l'onda di marea devastò il Giappone e il dolore lanciò sua.

Un giorno viene a sapere di un uomo che ha una cabina telefonica abbandonata nel suo giardino, dove vengono persone da tutto il Giappone per parlare con chi non c'è più e trovare pace nel dolore. Presto Yui fa il suo pellegrinaggio lì, ma quando risponde al telefono, non riesce a trovare la forza per pronunciare una sola parola. Poi incontra Takeshi, un medico la cui figlia di quattro anni ha smesso di parlare dopo la morte della madre, e la sua vita viene sconvolta.

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