I 3 migliori libri di Najat El Hachmi

In diverse interviste in cui ho potuto ascoltare la persona dietro l'autore Najat El Hashmi (Premio romanzo Nadal 2021) Ho scoperto lo spirito irrequieto che si espande verso ambiti esigenti come il femminismo o l'integrazione sociale di diverse etnie, culture e religioni. Sempre con quello punto di riflessione tranquillo, contrasto di idee, posizionamento critico capace, ad esempio, di inserirlo nell'ideologia catalana per farla franca quando la questione è tornata all'adesione cieca del procés dal 2017.

Ma il politico (con il suo innegabile aspetto sociologico in cui ogni intellettuale si imbarca per il fatto di essere) è in uno scrittore come Najat un altro vertice, più in una fisionomia necessariamente spigolosa per scoprire nuovi spigoli e aspetti.

E poi arriva la Letteratura maiuscola nel suo caso, dotata della stessa nozione di vendicativo come linea parallela al lavoro di narrazione stessa. E così le loro storie appaiono cariche di quel realismo a livello stradale, di contesti che sprofondano al suolo. esistenzialista ed emergono verso il realismo più legato ai nostri giorni, carichi di critica e di coscienza, spingendo il lettore verso l'empatia di situazioni necessarie per visualizzare nel loro intero scenario oltre la facile caratterizzazione dei nostri giorni.

Il tutto con aromi etnici che caricano le loro storie di aromi sempre più lontani e forse proprio per questo più desiderosi di quell'autenticità devastata da una globalizzazione tanto uniforme quanto sterminante. Una voce necessaria in una letteratura necessariamente orientata verso toni umanistici.

I 3 migliori libri di Najat el Hachmi

Madre di latte e miele

Ogni partenza da casa è un esilio quando il percorso inizia dalla discrepanza o dalla paura. Ogni sguardo indietro carico di malinconia quando il nuovo non somiglia alla libertà desiderata è un conflitto esistenziale che punta allo sradicamento, allo spirito completamente apolide tanto desolato quanto brillante nel suo possibile aspetto creativo.

Madre di latte e miele Racconta in prima persona la storia di una donna musulmana del Rif, Fatima, che, ormai adulta, sposata e madre, lascia la famiglia e il paese dove ha sempre vissuto, ed emigra con la figlia in Catalogna, dove fa fatica ad andare avanti. Questa storia racconta le difficoltà di questa immigrata, così come la mancata corrispondenza tra tutto ciò che ha vissuto finora, e ciò in cui credeva, e questo nuovo mondo. Viene anche narrata la sua lotta per andare avanti e dare un futuro a sua figlia.

Articolato come una storia orale in cui Fatima torna dopo anni di visita alla casa di famiglia e racconta alle sue sette sorelle tutto ciò che ha vissuto,
Madre di latte e miele ci offre una visione profonda e avvincente dell'esperienza dell'immigrazione dal punto di vista di una donna musulmana, madre, che vive sola, senza il sostegno del marito. E allo stesso tempo ci offre un affresco completo di cosa significa essere donna nel mondo rurale musulmano oggi.

Madre di latte e miele

La figlia straniera

Che qualcosa come il termine ghetto sia sopravvissuto naturalmente fino ad oggi per contrassegnare i gruppi etnici dice poco su questa presunta "alleanza di civiltà" o come si vuole chiamarla. Ma la colpa potrebbe non essere solo di alcuni, la colpa è l'incapacità di abitare la pelle di altre persone, su entrambi i lati di una possibile religione, cultura o costume.

Una ragazza nata in Marocco e cresciuta in una città dell'interno della Catalogna raggiunge le porte della vita adulta. Alla ribellione personale che ogni giovane attraversa, deve aggiungere un dilemma: lasciare o restare nel mondo dell'immigrazione.

Qualcosa di strettamente legato al duro conflitto interiore che implica la possibilità di rompere il legame con la madre. La protagonista di questo romanzo è una giovane donna brillante che, dopo aver terminato il liceo, è combattuta tra accettare un matrimonio combinato con la cugina e andare a Barcellona per sviluppare il suo talento.

La lingua madre, variante del berbero, simboleggia le difficoltà comunicative e il conflitto identitario che il protagonista vive nel corso della storia, riflettendo sulla libertà, le radici, le differenze generazionali e la complessa realtà personale, sociale e sociale imposta dal proprio status di immigrato . A ciò si aggiunge il difficile accesso al mondo del lavoro dei giovani di oggi.

Una voce narrante piena di forza che affronta le contraddizioni che segnano la sua vita con onestà, determinazione e coraggio; un monologo sulla famiglia e sull'intensità dei legami affettivi che ci uniscono alla terra, alla lingua e alla cultura.

La figlia straniera

L'ultimo patriarca

Radicarsi non è sempre facile quando la propria cultura attenta alla propria essenza. Da un lato c'è l'infanzia, quel paradiso che ci interpella sempre con aromi di identità, appartenenza e, soprattutto, amore. D'altra parte, l'orizzonte vitale è sempre un'alba di intensa luce di protesta, che talvolta si scontra duramente con le concezioni culturali dipendenti, impegnate a segnare con il fuoco il destino di ciascuno.

Mimoun e sua figlia sono nati per svolgere i ruoli che il patriarca ha assegnato loro, ruoli stabiliti migliaia di anni fa. Ma le circostanze li portano ad attraversare lo stretto di Gibilterra ed entrare in contatto con le usanze occidentali. La protagonista senza nome cercherà di capire perché suo padre è diventato una figura dispotica, mentre inizia un percorso di non ritorno verso la propria identità e libertà.

L'ultimo patriarca
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